Giulio Pirovano Uniti nella diversità L’Europa sulla scena del mondo 4
lezione 4
Riprendiamo dalla mappa delle istituzioni previste nei trattati di Roma: il cammino della comunità europea inizia da questi e a questi poi dobbiamo dare una certa attenzione. Nel 1967 avviene un cambiamento importante: entra in vigore un trattato definito e firmato nel 1965 sulla unificazione degli esecutivi. D’ora in avanti vi sarà una Commissione per i tre organismi base della Comunità: la CEE, la CECA, l'Euratom. Dal 1967 l’insieme delle istituzioni europee può essere rappresentato dalla immagine di un albero, un solo altero con tanti rami diversi. Vediamo poi il progressivo allargarsi della comunità a nuovi soggetti. Nel giro di trenta anni la comunità passa da sei soci a 10 soci acquistando dapprima l’Irlanda con Gran Bretagna e Danimarca e poi vedendo l’ingresso della Grecia, all’inizio degli anni ’80 (1981).
I fallimenti
Abbiamo già fatto riferimento al fatto che già nell’ambito del Benelux e quindi su iniziativa deglil uomini politici del Belgio come Spaak, ci fu una attenta riflessione sulla esigenza di una politica che portasse alla nascita di una moneta comune. Di fatto i progetti via via immaginati negli anni ’50 (lo stesso De Gasperi ci aveva pensato) e negli anni ’60 hanno avuto vita breve. Ricordiamo comunque che da subito si è parlato di integrazione economica e politica (Paolo Emilio Taviani in Politica a memoria d’uomo). Da subito significa anni ’50 ai tempi del Piano Schuman. La situazione monetaria divenne improvvisamente grave quando il presidente degli USA Nixon (eletto nel 1968) annunciò improvvisamente (era il 15 agosto 1971) una nuova politica economica che comportò la svalutazione del dollaro USA. Malfatti, allora presidente della Commissione Europea invio un appello accorato ai vari capi di governo dei Sei, sollecitando una risposta comune. La risposta comune giunse: si chiamò serpente monetario. Il serpente monetario fu un accordo monetario nato a Basilea nel 1972 tra Paesi allora aderenti alla CEE; con esso si riducevano i margini di fluttuazione delle parità monetarie ad una fascia del +/- 2,5%, secondo valori dimezzati rispetto ai livelli agli Accordi di Washington. Il serpente europeo fu la diretta conseguenze della dichiarazione di inconvertibilità del dollaro e nacque con lo scopo di contenere gli scompensi che quell’evento non mancò di determinare nel regolamento delle transazioni intracomunitarie. Le diverse crisi valutarie che si susseguirono in quegli anni provocarono ingressi e uscite temporanee dal serpente di Paesi quali l’Inghilterra, la Danimarca, la Norvegia. La definitiva caduta del sistema gold exchange standard e del sistema a cambi fissi, determinarono nel 1973, un secondo serpente monetario, cui si aggiunse, fino al 1977, la corona svedese. La lira italiana, invece, restò al di fuori del sistema dal 1973 fino alla vigilia della entrata in funzione del Sistema monetario europeo, nel 1979. A quella data, restavano ancora membri del serpente europeo solo 5 Paesi: Germania, Belgio, Olanda, Lussemburgo, Danimarca.
Se da una parte parliamo di “fallimenti” tuttavia non si può non ammettere che, nonostante le turbolenze valutarie e le continue modifiche nella situazione internazionale, l’esperimento del serpente europeo possa essere valutato positivamente, in funzione alle attività di coordinamento delle politiche economiche nazionali, compito mai intrapreso in precedenza e successivamente sviluppato nello SME (1979).
Già nel 1950 era urgente, dal punto di vista della Amministrazione USA giungere al riarmo della Germania: Stalin stava sviluppando una politica espansionistica nell'Europa centrale e orientale. In Corea vi era stato l'attacco comunista. Truman (presidente USA) e il suo segretario di stato Dean Acheson erano convinti che bisognasse quanto più rapidamente possibile togliere la Germania dallo status di paese vinto e occupato. L'esigenza era quella di creare almeno 10 divisioni tedesche da schierare sul confine della Germania occidentale.
La Francia aveva strenuamente difeso la propria posizione contraria al riarmo della Germania, posizione ribadita a difesa delle prerogative e dei vantaggi assicurati alla Francia dalla condizione della Germania definita nei trattati di pace.
Nel 1950 tuttavia ormai i francesi a fronte della evoluzione dei rapporti internazionali si resero conto di non poter più mantenere le proprie posizioni. Fu a questo punto che su impulso di Monnet e del ministro degli esteri Schuman, il primo ministro Pleven presentò alla Assemblea nazionale (24 ottobre 1950) un piano che prevedeva la costituzione di un esercito europeo composto da sei divisioni, con uno stato maggiore internazionale agli ordini del comandante in capo delle forze atlantiche. Il controllo doveva essere affidato ad un ministro della difesa europeo e a una autorità politica da nominare contestualmente. Lo scopo era quello di diluire la presenza militare tedesca in un contesto internazionale.
Gli italiani, rappresentati allora da De Gasperi e, come sottosegretario agli affari esteri, da Paolo Emilio Taviani, erano propensi ad aderire a questo progetto anche se ritenevano più facile cercare un accordo per un coordinamento dei livelli alti degli eserciti nazionali. La testimonianza di Taviani è netta in proposito.
Uno dei grandi problemi politici della’insieme dei Paesi della Comunità europea è quello della gestione unitaria della politica estera: nella prima fase di vita delle istituzioni comunitarie in effetti non vi era il signor PESC. E anche quando questo è stato istituito, se ne parlerà in modo diffuso la prossima volta.
Dopo il fallimento dei due coraggiosi tentativi di dare vita ad una politica europea di difesa negli anni 50 e 60, rispettivamente il piano Pléven e il piano Fouchet, si è giudicato più opportuno, in quanto più efficace, trasferire le competenze in maniera progressiva. Tale opzione si è concretata nella cooperazione politica europea (CPE), varata in via informale nel 1970. Da allora, le due basi fondamentali che hanno dato un forte impulso allo sviluppo della PESC sono state il trattato sull'Unione europea con l'attuazione del titolo V - il secondo pilastro dell'UE - e il trattato di Amsterdam (ne parleremo la prossima volta, è entrato in vigore nel 1999), con il potenziamento degli strumenti e delle procedure di decisione. Qui i riferimenti iconografici fanno riferimento ad alcune questioni aperte che chiaramente richiedono posizioni comuni degli Stati europei e anche della comunità internazionale in senso lato.
L'Europa secondo De Gaulle. Il generale francese che guidò la Francia resistente e che successivamente risolse la crisi in cui si dibatteva la Francia alla fine degli anni 50 fu geloso del ruolo che secondo lui doveva avere la Francia di fronte agli altri stati d'Europa. De Gaulle ha voluto dire NO sia al primo ministro inglese Macmillan sia al giovane presidente americano Kennedy. La posizione di De Gaulle fu di strenua opposizione all'ingresso della Gran Bretagna nella CEE. L’Europa secondo De Gaulle doveva essere un’Europa senza Gran Bretagna. Ma l’atteggiamento di De Gaulle andò oltre la questione della adesione della Gran Bretagna: si manifestò in modo netto nella definizione della politica agricola comune. La PAC era stata definita nelle sue linee di base da un gruppo di lavoro guidato da Sicco Mansholt (che diverrà poi uno dei presidenti di commissione). Il 1 luglio 1965 la Francia abbandona i negoziati per la definizione dei finanziamenti alla Politica Agricola Comune. È la politica della sedia vuota. Di fatto un veto tramite il ritiro del proprio rappresentante permanente. La politica francese cambierà di segno solo con l’avvento del successore di De Gaulle, Pompidou.
Parlare di speranze è quasi un obbligo: la Cee aveva permesso la circolazione dei lavoratori in Europa e l’Italia, gli Italiani sono stati un notevole contingente di quei lavoratori che, in Europa, con il loro lavoro hanno permesso il decollo, il miracolo economico. Perché non si deve parlare di miracolo economico guardando solo a quello che è accaduto in Italia, ma guardando a quello che è accaduto in Europa. I dati – aridi? – lo dicono chiaramente. La CEE diventa rapidamente un competitore formidabile sul piano dell’economia mondiale. Prima ho accennato alla decisione di Nixon di definire una nuova politica economica. Nixon non fece altro che riconoscere alcune realtà di fatto: Le esportazioni mondiali vedono negli anni cinquanta il 16,7 % in quota agli Usa e il 15,4 % in quota ai Paesi che saranno l’Europa comunitaria. Nel 1970 gli USA hanno un 13,7 % mentre la quota CEE fu del 28,8 %. La guerra del Vietnam in cui gli USA si erano infilati (uso questa espressione per evitare discussioni sui motivi e sulle responsabilità ecc. ecc. che qui non possono trovare spazio) aveva determinato di fatto l’accentuazione della crisi economica americana. Fare la superpotenza aveva (ed ha!) dei costi che Nixon decise di ripartire in qualche modo anche sugli alleati.
Parlare di speranze ci porta anche a ricordare la figura di Altiero Spinelli. Da antifascista a Ventotene era stato uno degli estensori del cosiddetto Manifesto di Ventotene: un testo in cui si vagheggiava l’idea di una Europa unita come Federazione di Stati. Spinelli era un marxista che si era innamorato dell’idea dell’Europa Unita in un tempo in cui il PCI era su posizioni decisamente antieuropee, così come voleva la politica estera della Unione Sovietica che vedeva nella CEE un ostacolo ai suoi piani di penetrazione e di controllo dell’Europa Occidentale. L’atteggiamento del PCI cambiò poi quando cambiò l’atteggiamento sovietico. È allora che la voce di Spinelli riesce a farsi sentire con particolare forza anche se le sue battaglie per l’Europa Unita avevano da tempo perso il mordente di colui che crede di poter realizzare a breve il proprio sogno. Non fu il federalismo a trionfare, fu il funzionalismo alla Monnet a trionfare in Europa.
Nel '74 inoltre ci fu la crisi petrolifera: un colpo alle speranze? non direi dato che l'Europa deve reagire alla crisi riorganizzando il proprio apparato industriale
Parlando di Europa sotto la voce altri dobbiamo innanzitutto fare riferimento alla Unione Sovietica. Guardare la carta può aiutare a capire anche se poi bisogna riflettere su qualche altro fatto, ad esempio la densità della popolazione e la quantità complessiva della stessa. È del tutto evidente che in termini di estensione l’Unione Sovietica è notevolmente più grande dell’Europa Occidentale nel suo complesso. Non così però se guardiamo ai numeri della popolazione e alla dislocazione della stessa. Buona parte del suo territorio presenta densità che vanno da 0 a 10 abitanti per kmq. Si arriva a densità che superano i 50 abitanti per kmq solo in alcune zone delle Repubbliche occidentali. Nel 1991 la popolazione sovietica venne stimata in 293 milioni.
Quale fu la politica dell’Unione Sovietica nei confronti dell’Occidente? E quale politica sarà portata avanti dall’Occidente? Willy Brandt è il padre della Ostpolitik (fine anni Sessanta e inizio anni Settanta) della Germania che ha fatto da apripista nei rapporti con i Paesi dell’Est Europa. È allora che l’atteggiamento sovietico nei confronti dell’Europa Occidentale inizia a cambiare, nel senso che i sovietici pensano di poter usare i socialdemocratici tedeschi come chiave per arrivare a controllare il mercato europeo. Dai documenti pubblicati da Vladimir Bukovsky – un dissidente sovietico espulso dall’Unione Sovietica ma poi richiamato a deporre nei processi che si sono svolti all’inizio dell’era Eltsin – risulta in modo netto questa costante dei dirigenti russi. L’industria occidentale è lì, a nostra disposizione. Dobbiamo solo operare accortamente per giungere a unire l’Europa a noi. E i nostri problemi industriali legati alla produzione di benessere verranno superati. Bukovsky attualmente insegna scienze politiche in Inghilterra: lui sostiene che l’Unione Europea è come l’Unione Sovietica. Le procedure che vogliono imporre uguaglianza sarebbero procedure sovietiche.
Infine dobbiamo considerare gli USA: all’inizio degli anni ’60 il presidente è Kennedy e lo vediamo mentre pronuncia un suo discorso alla nazione. Sullo sfondo di questa diapositiva vediamo Cuba che ci ricorda la relativa crisi con un confronto diretto tra navi americane e navi russe e la rinuncia russa alla installazione dei missili in Cuba. E poi la costruzione del muro di Berlino e l’immagine di Kennedy e Krusciov che parlano tra di loro: inizia l’era dei vertici USA-URSS. Il fatto è che il muro venne interpretato da John Kennedy e da suo fratello Bob in modo totalmente diverso da quanto fatto apparire sui mass media ai fini della propaganda. Anni fa il Corriere della Sera (e mi scuso perché non ricordo l’anno) pubblicò alcune lettere che i due fratelli si erano scambiate commentando gli avvenimenti. La loro interpretazione fu che finalmente l’Unione Sovietica rinunciava ai suoi piani di conquista dell’Occidente Europeo e che di conseguenza si poteva cominciare a considerare la possibilità di parlare ai dirigenti sovietici.